2011
31 dicembre
Se lo spettacolo della crisi ti sembra un astruso videogame, con tutte quelle paroline scoppiettanti che paiono mutuate dal linguaggio dei fumetti - Spread! Bund! Btp! - e Silvio B. finito game over con l'arrivo di Super Mario; se hai sentore che il mondo dei nuovi ricchi e dei sempre poveri somigli dannatamente al piccolo mondo antico dei vecchi ricchi e dei sempre poveri; se la tv ti deprime, l'informazione ti angoscia, la cultura ti sfugge; se, in definitiva, pensi che questo sia stato un anno di merda, consolati pensando che il 2012, a dispetto delle profezie, non sarà affatto l'ultimo (o, a scelta, che potrebbe essere, a dispetto degli scettici, finalmente l'ultimo).
Alternativi auguri.
24 dicembre
Caro Babbo Natale,
restituiscici se puoi la lentezza e i ritmi pacati che abbiamo dimenticato, presi come siamo a bruciare di continuo tutto quello che la vita più o meno generosamente e spesso inutilmente ci offre, e che si perde in una gara incessante a scoprire il più presto possibile cosa viene dopo.
L'abitudine di richiudere i cellulari "a conchiglia", i fidanzati delle swowgirl, i concorrenti dei reality, le balle mai smentite dei politici, le manovre economiche, le canzoni da mandare a memoria (ma quante canzoni si pubblicano oggigiorno?), le celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia, durate solo sei mesi e poi dissoltesi nella preoccupazione che l'Italia possa dichiarare fallimento... E tante, tante altre cose passate così rapidamente che ormai non me ne rammento più.
Quanto alla neve, se ce ne vuoi mandare un po' non farla sciogliere in fretta, anche lei. Abbiamo bisogno del suo candore.
È l'unico candore che ancora possiamo permetterci.
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14 dicembre
L'Europa è a un bivio: o si trasformerà in ciò che non è, o ciò che non è la trasformerà.
(In Italia, invece, tutto resterà immutabile. A parte i nomi con cui chiamiamo le cose che non cambiano mai).
4 dicembre
No, mio caro, non hai capito niente. La contestazione di un tempo attaccava la politica, quella politica, per cercare di cambiarla. Era scontro ideologico, battaglia di idee.
Oggi siete voi politici, un'intera classe dirigente, a provocare sempre più diffusi segni d'intolleranza. Insomma, avete rotto. Avete stufato. Siete merce avariata. Scarti di produzione. Scorie pericolose.
Quando ve ne renderete conto anche voi, forse sarà troppo tardi.
26 novembre
Ci si sorprende che il presidente del Consiglio spieghi ai suoi veri referenti politici - Merkel e Sarkozy - le misure che si appresta a varare per il contenimento della crisi economica prima ancora di illustrarle in parlamento, ma in realtà in tutto questo si può leggere un atto di estrema coerenza.
Tradito da una classe politica che dopo averlo ridotto in rovina, o quasi, si è ritirata in buon ordine in attesa di tempi migliori, esautorato da qualunque potere decisionale (perché ai "mercati" si può solo obbedire, non c'è via d'uscita o possibilità di trattativa che tenga), il popolo italiano si appresta a subire passivamente l'ennesimo esproprio di Stato, affinché le casse di quest'ultimo possano essere risanate con l'unico sistema che il medesimo conosce per raggiungere lo scopo: devastare quelle dei cittadini.
15 novembre
La classe politica più pagata, più privilegiata e più inetta del mondo, nei momenti difficili fa "un passo indietro" e lascia che sia un governo di tecnici a cercare di sbrogliare la matassa.
Con le facce di culo a cui siamo abituati, i signori politici vanno in tv a dire che il loro alto senso di responsabilità gli impone di ritirarsi in buon ordine e aspettare che siano altri, al posto loro, a fare il lavoro difficile. E si aspettano pure i complimenti, per questo.
È come se una squadra di calcio composta di professionisti lautamente retribuiti nelle gare decisive restasse in tribuna per farsi sostituire da una compagine di dilettanti che però a pallone ci sanno giocare davvero.
E poi ci chiediamo come mai siamo alla frutta.
8 novembre
I titoli di coda più lunghi della storia: la fine del berlusconismo non finisce mai.
31 ottobre
Ermete Amodeo Briganza ordinò all'autista di accostare.
- Perché ci siamo fermati qui, papi? - chiese il piccolo Ranieri Amodeo Briganza.
- Perché oggi il vostro papi vi mostrerà qualcosa di veramente interessante - rispose Ermete, visibilmente emozionato.
- Che bello! Ci hai comprato un nuovo parco di divertimenti? - domandò la piccola Lucilla Amodeo Briganza.
- No, no, niente di tutto questo - la deluse il padre, che poi invitò i figli a scendere dalla berlina lunga e nera come un costosissimo carro funebre.
- Ma questo è un ufficio postale - constatò Ranieri, mentre, insieme alla sorellina, veniva condotto all'interno del grigio edificio dal papà che teneva entrambi i figli per mano.
In effetti, entrare lì dentro non si rivelò un'impresa tanto facile: l'ufficio era zeppo di gente, un'abetaia di persone in piedi e immobili in attesa del loro turno allo sportello. C'era puzza di stantio, il vociare sgradevole e serrato della gente annoiata o insofferente a fare da sfondo sonoro a quella scena illuminata freddamente dai neon.
- Perché ci hai portato qui? - chiese Lucilla.
Ermete Amodeo Briganza si stagliava elegantissimo nel suo doppiopetto blu in quell'umile ressa umana, alcuni si voltavano a guardarlo con curiosità e un pizzico di diffidenza, era evidente che uno come lui non avesse nulla a che fare con un posto del genere, con quello spaccato di uggiosa quotidianità.
- Guardate, ragazzi, guardatevi intorno. Cosa vedete?
- Tante gente - rispose prontamente Lucilla. Domanda facile, risposta ancora più facile.
- E che tipo di gente? - insisté Ermete.
- Mmmm... poveracci? - azzardò Ranieri. In quel luogo si sentiva mancare l'aria. Cominciò a pensare che l'essere venuti lì consistesse in una specie di punizione a cui il padre li stava sottoponendo per una colpa che non riusciva a ricordare.
- Bravo, Ranieri, hai detto bene. Questi sono i tanti poveracci che consentono a noi pochi di vivere da ricchi. Guardate, guardatevi intorno. È un po' come essere allo zoo, è un'occasione che non vi capiterà mai più. Per vostra fortuna.
- Che brutto posto! Ma perché sono tutti qui? - chiese Lucilla, osservando un vecchietto che aveva tutta l'aria di stare per addormentarsi addossato alla parete.
- Sono qui - le spiegò suo padre - per ritirare i loro salari o le loro pensioni da fame, per lo più. Perciò sono così impazienti. Fanno impressione, vero?
- Che intendi per salari da fame? - domandò Ranieri. Curiosa espressione, non l'aveva mai sentita.
- Be', avete presente Drago e Klara? - disse il padre. Drago e Klara erano i due alani della tenuta Amodeo Briganza. - Considerate che noi spendiamo per loro in una settimana quello che i poveracci guadagnano in un mese, più o meno...
- Davvero? - chiese stupita la piccola Lucilla.
- Proprio così - le fece eco il padre, compiaciuto di aver suscitato tanta curiosità nei figli.
- Ma questi poveracci perché non si ribellano? - lo incalzò Ranieri.
- Buona domanda. Hai studiato gli schiavi nell'antica Roma, a scuola?
- Sì, certo. Ma perché, loro sono schiavi?
- Sì, ma di un tipo un po' diverso. Perché non sanno di esserlo. Alcuni, anzi, si considerano dei privilegiati, perché hanno il "posto fisso", o altre fesserie del genere. Come se davvero ne sapessero qualcosa di privilegi, loro... - scoppiò a ridere Ermete. - Ma il segreto sta nella parola normalità - riprese. - Se tu ai poveracci fai credere che la normalità è questa, e solo questa, che non c'è, non esiste alternativa a questo stato di cose, loro sono disposti a sopportare qualunque ingiustizia. Meglio ancora: non si rendono nemmeno conto dell'ingiustizia.
- Che strana storia! - commentò Lucilla. - Ma non c'è pericolo che anche noi, da grandi, diventeremo dei poveracci, papi?
- Ma no, testolina - la rimbrottò affettuosamente il padre, passandole una mano tra i capelli ricci e biondi. - Voi siete nati ricchi e lo sarete per sempre. Sapete, il mondo non cambierà mai. Ci hanno provato, altroché, nel corso della storia, a mutare le cose. Ci hanno provato con le religioni, con le rivoluzioni. Ma alla fine tutto è tornato al suo posto, ha ritrovato il suo equilibrio naturale, come succede con le leggi della fisica.
- Meno male! - si rincuorò Ranieri, che adesso proprio non vedeva l'ora di uscire dal quel posto infame, popolato di esseri inferiori e vagamente infernali.
- Bene, la lezione è terminata - annunciò Ermete. - E ricordate: quando in tv sentirete nominare la crisi, ricordatevi di queste facce, di questi volti, perché di loro si parla, non di noi.
- Cos'è la crisi, papi? - chiese vagamente allarmata Lucilla, mentre riguadagnava l'uscita.
- La crisi - spiegò il padre - è una cosa che di tanto in tanto ci inventiamo noi ricchi quando ci sentiamo un po' meno ricchi, e serve a convincere i poveracci ad impoverirsi ancora di più, affinché noi ricchi si possa tornare ad essere più ricchi di prima.
- Evviva! - esclamò Ranieri, anche se aveva la testa un po' confusa.
Quando erano orami prossimi all'automobile, Lucilla notò un'anziana signora, che si teneva stretta la sua pensione, uscita subito prima di loro dall'ufficio postale. - Guardate - esclamò - quella vecchietta attraversa la strada noncurante di quel gatto nero che le passa davanti. Non sarà mica una strega?
- Può darsi - se la rise il padre. - Ma tanto a noi neanche le stregacce in pensione possono farci nulla.
22 ottobre
L'occidente decadente ha bisogno di nemici piccoli da ingigantire e sconfiggere, s'accontenta di stanare dai loro ultimi rifugi dittatori da avanspettacolo senza nemmeno avere il coraggio di ammetterlo apertamente, ma si guarda bene dal prendersela, se non a parole e a volte neanche a parole, con carnefici in servizio permanente effettivo che sarebbero in grado di scatenare reazioni quanto meno dolorose.
Si dirà: più o meno è sempre stato così, sono i principi egoisticamente ponderati della geopolitica, nessuna novità.
Ma il declino euro-americano accentua il contrasto tra etico e utile, rende più grottesche le motivazioni con cui le diplomazie internazionali giustificano le loro scelte moralmente contraddittorie. La legge del contrappasso vuole che se t'indebolisci ti senti e appari inevitabilmente anche più in colpa.
14 ottobre
La tv non si può guardare, i giornali non si possono leggere, ognuno ha qualcosa da dire, spuntano come funghi esperti, imbonitori, persuasori, mestatori, venditori di opinioni, trafficanti di idee, spacciatori di soluzioni, tutti a indicare un rimedio per uscire dalla «crisi», qualcuno a convincerci che dopotutto è un esercizio intellettualmente stimolante morire di «crisi».
Mi sa che della «crisi» voi siete più che altro un sintomo.
4 ottobre
In dubio pro U.S.A.
foto: Corriere della sera
2 ottobre
La politica siamo tutti noi, dice il presidente.
Ma i privilegi sono tutti per voi, risponde il nullapotente.
25 settembre
Non ci sono più le guerre di una volta, quelle che avevano un inizio, uno svolgimento e una fine, come i temi a scuola. E alla fine sapevi chi le aveva vinte e chi le aveva perse. Oggi i conflitti, specie quelli previsti di pochi mesi, durano decenni, si trasformano strada facendo in forme contigue di combattimento, terreno di confine tra guerriglia, sommossa, terrorismo di stato, azioni mirate di intelligence. Ma non c'è mai un vincitore ben definito, chi ha combattuto e vinto non ha quasi mai vinto fino in fondo, anche in considerazione del fatto che non sa bene nemmeno perché ha combattuto.
Prendiamo l'intervento in Libia, dove l'Italia si è impelagata in una guerra semicoloniale contro un dittatore che fino al giorno prima ha sostenuto incondizionatamente, per dar manforte ai nuovi galletti europei a caccia di petrolio e rinnovato protagonismo, in netto conflitto con i suoi stessi interessi. I nostri meriti, se non altro in termini di basi e di mezzi messi a disposizione, non ci vengono riconosciuti, la guerra non è ancora finita ma si fa finta che lo sia, e chi deve tirare le somme lo fa depennandoci dalla lista dei possibili vincitori, con tutto ciò che presumibilmente ne consegue.
Ma questa non è una novità: gli italiani le guerre non le hanno mai vinte né perse. Le hanno sempre e solo subite.
17 settembre
Questa "coazione a ripetere", ad immergersi nelle passioni di sempre, nelle cose di sempre, questo lasciarsi sedurre dalle medesime abitudini, dai soliti gesti, appena un po' aggiornati ai tempi ma sostanzialmente immutati, tradisce la speranza inconscia che il tempo non passi o, piuttosto, giri intorno, con noi al centro a fare da perno alla giostra inarrestabile della vita che cambia.
Naturalmente ci siamo anche noi su quella giostra, ci siamo fin dall'inizio, ma ci ostiniamo a non rendercene consapevoli.
6 settembre
Non si era mai visto un governo capace di giocare al gioco delle tre carte con le misure economiche volte a contenere il deficit statale: in un mese si è visto di tutto e il contrario di tutto, sono stati annunciati provvedimenti poi ritirati, poi annunciati nuovamente ma con qualche modifica, poi di nuovo frettolosamente messi da parte per far posto ad altre geniali trovate, ma poi di nuovo, forse, probabilmente, eventualmente...
Sono stati sprecati fiumi d'inchiostro per commentare norme fantasma, nate e morte nel giro di pochi giorni, a volte di poche ore.
Un delirio surrealista.
Questi enigmisti dilettanti, incapaci di risolvere i rompicapo in cui loro stessi sono andati a ficcarsi pur di non scontentare questa o quella parte di elettorato a loro più vicina, sono quelli che dovrebbero farci riguadagnare la fiducia dei "mercati". Evidentemente confidano nel loro senso dell'umorismo.
30 agosto
Un primo assaggio di pioggia, l'odore di una matita, due noci, la sorpresa di un imbrunire precoce, il sapore metallico che resta al fondo di una giornata inutile.
L'estate si accomiata sempre rievocando film di atmosfera e di fotografia crepuscolari. E dal finale imprecisato.
22 agosto
Quando muore un amico ci si sente improvvisamente più soli. Ma non si tratta di una solitudine fisica, quanto piuttosto esistenziale, tale da abbracciare col suo manto gelido e buio il tuo presente, il tuo futuro e perfino - riducendolo a ricordo non più capace di generare alcuna prospettiva - il tuo passato.
È così che vanno le cose, ma è impossibile farsene una ragione. La morte non finisce mai, ha scritto il poeta.
Ciao Cla'.
20 agosto
La fine della politica, la sua incapacità di gestire le dinamiche tecnocratiche dell'economia, è sotto gli occhi di tutti, ma pochi afferrano la portata eccezionale di questa novità: i governi occidentali che si inchinano ai "mercati" (definizione vaga che suona ormai come quella di un nemico non meno insidioso e sfuggente del terrorismo di matrice islamica), li assecondano sulla pelle dei cittadini che dovrebbero tutelare, ottenendo per tutta risposta una capricciosa, bisbetica recrudescenza dei segnali di crisi; i parlamenti costretti a stare aperti anche in agosto a discutere di decisioni epocali che si rivelano sostanzialmente inutili - o perfino dannose.
In Belgio sono senza un governo in carica da circa un anno, e non è che le cose vadano peggio che altrove (il pil risulta addirittura in crescita).
Con i politici che ci ritroviamo, in Italia una situazione simile sarebbe una vera fortuna.
11 agosto
In questa strana estate, piena di notizie e di ansie "invernali" (la crisi finanziaria, le Borse che crollano), faccio fatica a non pensare che il mio tempo della piena esistenza si vada via via diradando anziché consolidando, come una città sospesa in una bolla di foschia che si renda oltremodo invisibile all'approssimarsi del treno.
Ascolto vecchie canzoni, rivedo vecchi film, ché di nuovi così interessanti in giro non se ne trovano.
2 agosto
Il mondo morirà di fanatismo.
O di ridicolo.
25 luglio
Altro che genio e sregolatezza. La breve esistenza di Amy Winehouse è stata scandita da una coerenza tragica e allucinata: dopo aver cantato canzoni come Rehab, finire su un tavolo settorio - a seguito dell'ennesima immersione nelle acque profonde dell'oceano di alcol e droga che erano diventate il suo habitat naturale - è stato l'esito inevitabile di quel manifesto di autodistruzione, bislacca e poetica, che è stata tutta la sua vita (artistica e non).
E comunque Back to black resta un piccolo capolavoro musicale del decennio appena trascorso.
foto: Repubblica
19 luglio
A vederli in tv, pupazzi osceni che si affannano per cercare di minimizzare la portata dei loro privilegi assurdi, pronti perfino a negare l'evidenza con la spavalderia che le loro facce di culo gli consentono; che candidamente si dicono disposti a tagliarsi spiccioli di stipendio tanto per dare un contentino al popolo bue (ma ben sapendo che non accadrà mai), verrebbe voglia di attenderli fuori dalle loro tane dorate per rispondere con un fucile caricato a pallettoni alle loro vergognose argomentazioni, per fornire una replica finalmente adeguata alle loro pretese inaccettabili.
I politici italiani, i meglio pagati d'Europa, forse del mondo, rappresentano sicuramente anche la peggiore classe dirigente - si fa per dire - d'Europa e del mondo, profumatamente ricompensati per aggravare sistematicamente i problemi che sarebbero chiamati a risolvere.
Quel trombone sfiatato che da circa vent'anni inquina viepiù la scena politica con le sue volgari farneticazioni razziste, ha ripreso a cantare, giusto per fare un po' di casino, il vecchio ritornello che l'unica soluzione è la secessione del nord dal resto del paese. Ma l'unica "secessione" davvero auspicabile in cui gli italiani dovrebbero impegnarsi allo spasimo è quella da una classe politica ottusa e balorda, che rischia di imputridire anche le poche forze vive e vitali che ancora resistono nel tessuto civile, nuotando in apnea in questa pozza nauseabonda che sta diventando ogni giorno di più il nostro paese.
15 luglio
La nuova direttrice del Fondo Monetario Internazionale nominata dopo che il precedente direttore era stato costretto a dimettersi in seguito ad un'accusa di stupro, poi rivelatasi fasulla, da parte di una cameriera d'hotel. Le "quote rosa" imposte per legge nei consigli d'amministrazione delle società quotate in borsa, e a Roma, sempre in ossequio alle suddette "quote rosa", la giunta comunale annullata dal tribunale per far posto ad assessori donna purché siano.
È bello che l'emancipazione femminile si affermi senza mai prescindere dai sacrosanti principi della meritocrazia.
(A proposito: per il principio delle pari opportunità, il prossimo ministro delle pari opportunità sarà un uomo?)
9 luglio
Ognuno di noi ha dei ricordi minimi, di secondo o di terz'ordine che, chissà perché, s'imprimono nella memoria magari a scapito di altri che avrebbero meritato miglior sorte, si ritagliano uno spazio indelebile e di tanto in tanto riaffiorano a significare la minuscola rilevanza di quel brandello di esistenza di cui si ostinano ad essere testimoni, come venditori ambulanti finiti in miseria che seguitano ad esporre imperterriti quel che resta della loro merce che nessuno comprerà mai, se non per pietà.
(Io ho, tra gli altri, il ricordo di un anello trovato nel mare, da bambino, un anello di plastica, rosso, primi anni '70, litorale romano. "L'ha perso sicuramente una sirena", mi disse, tutta seria, una ragazzina piena di riccioli di cui non seppi mai il nome.)
Sono i ricordi che servono solo ai poeti. Gli altri non sanno che farsene, poveri loro.
2 luglio
Nel grande flusso delle informazioni così come devono essere (così come devono intendersi) talvolta si apre una crepa, una voragine incontenibile che inghiotte con un solo boccone la tiritera dei dibattiti televisivi, i fiumi d'inchiostro degli opinionisti stipendiati per portare acqua al mulino del conformismo culturale fatto di convincimenti che anziché prendere spunto da un'autentica lettura della realtà pretendono di condizionarla.
Quel buco nero va minimizzato, circoscritto; prontamente derubricato, al più, ad eccezione che conferma la regola.
Quando la cronaca irrompe nei copioni già scritti, nei risvolti dell'esistenza già decisi a tavolino, ed è dura piegarla ai propri scopi, la sospensione dell'incredulità vacilla e si corre il rischio che a qualcuno salti in mente di ragionare con la propria testa.
Ma sono lampi di breve durata. Poi la paccottiglia spacciata per intellighenzia, la prezzolata manfrina degli indottrinamenti serviti come spunti del sentire comune all'opinione pubblicamente cogliona, riprendono il sopravvento.
26 giugno
La bellezza di una passeggiata in bici lungofiume, di mattina, di domenica, con le campane in lontananza, il cielo senza una nuvola, lontano dalla folla, dalle auto, dalle file alla cassa dei supermercati, dai maneggi quotidiani, dai parcheggi a pagamento, dai telegiornali, dalle giacche e dalle cravatte, dai semafori e dai citofoni.
E pensare che questo non è nemmeno un testo di Mogol.
16 giugno
Talvolta è più facile prevedere il futuro che interpretare il passato.
9 giugno
Non è detta l'ultima parola è quello che si dice di solito quando le parole non servono più a niente. L'ha detto anche il governo italiano a proposito del terrorista - cascame dei nostri vecchi anni settanta - rifugiatosi in Brasile dove viene ritenuto, senza nessuna ragione comprensibile, un perseguitato politico.
Tra l'Italia e quel paese vige un trattato di amicizia, e non si capisce su cosa si fondi questa amicizia se dall'altra parte si considera la nostra giustizia un tritacarne medievale e si è disposti a credere piuttosto ad un pluriomicida condannato in via definitiva.
Se non ci fosse stato il trattato di amicizia cosa avremmo dovuto aspettarci, che fossero loro a rivolgersi alla corte internazionale dell'Aja contro di noi?
Ma non è detta l'ultima parola.
1 giugno
Lo si potrebbe definire effetto ping pong. È il modo in cui gli italiani cercano disperatamente di difendersi dal declino senza fondo della classe politica, votando sistematicamente ora da una parte ora dall'altra.
Da quando è iniziata la cosiddetta seconda repubblica, alle elezioni politiche l'alternanza è stata perfetta: '94 centrodestra, '96 centrosinistra, '01 centrodestra, '06 centrosinistra, '08 centrodestra. M'ama, non m'ama, m'ama, non m'ama...
Anche alle amministrative, sia pure con sfumature inevitabilmente diverse, il trend è stato pressoché lo stesso.
Queste perpetue oscillazioni fanno pensare ai movimenti ripetitivi e inconcludenti di certi animali allo zoo che si trascinano senza posa da una parte all'altra della gabbia, sintomi di una allucinata depressione.
Ed è impressionante vedere la gente festeggiare, di volta in volta, come "liberatori" gli stessi che solo pochi anni prima aveva cacciato furiosamente dalle stanze del potere.
È da più di quindici anni ormai che gli elettori, per dirla con il linguaggio degli sconfitti, continuano a dare un segnale. Ma nessuno lo raccoglie mai davvero.
25 maggio
Spetta ai poeti scavare l'essenza della vita e farlo - per paradosso - con lo strumento della metafora, con il martello del linguaggio figurato che picchia sulla superficie delle cose fino a metterne in luce il nucleo profondo e più autentico.
Spetta al poeta non avere pudore di prefigurare nemmeno la propria morte, o il presagio di essa, per farne sentimento universale in cui chiunque può specchiarsi con il vago sgomento di chi s'imbatte in una risposta inaspettata e crudelmente vera.
...Ho l'età/in cui dovrei fare ciò che volevo/fare da grande e ancora non l'ho deciso./Faccio quello che faccio, altra scelta non ci sarà:/leggo di miei coetanei che muoiono all'improvviso. (da Con tutta semplicità, di Giovanni Giudici, 24 giugno 1924-24 maggio 2011)
20 maggio
Quest'anno il luogo comune secondo cui "non ci sono più le mezze stagioni" non pare corrispondere a verità. Siamo in primavera e c'è davvero un clima primaverile: nessun colpo di coda dell'inverno, ancora nessuna prematura ondata di calore. Personalmente sto indossando giacche - da mezza stagione, appunto - che negli anni scorsi ho potuto portare al massimo per una settimana.
In un paese dove tutto è alterato, dove nulla sembra mai girare per il verso giusto, godiamoci almeno questo insperato scampolo di normalità meteorologica.
13 maggio
In Italia le campagne elettorali, più che per convincere gli elettori, servono ai politici per convincersi che quello che dicono sia vero.
6 maggio
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Sembra niente ma sono ormai dieci anni che va avanti questo mio soliloquio da alieno precipitato per caso sulla Terra e costretto, per qualche misteriosa ragione, a convivere giocoforza con quegli strani esseri che sono i suoi dissimili simili.
E di cose, nel frattempo, ne sono capitate tante in giro per il mondo. C'è stato l'attacco alle Twin Towers, la lunga guerra al terrorismo fondamentalista (che solo in questi giorni comincia a raccogliere frutti significativi, quanto meno da un punto di vista simbolico, con l'uccisione del capo dei capi); c'è stato l'implacabile sviluppo della tecnologia digitale che ci fa sembrare preistoria ciò che appena dieci anni fa ci sembrava avveniristico; negli U.S.A. è stato eletto il primo presidente di colore e in Europa è stata introdotta la moneta unica.
In Italia no. In Italia non è cambiato quasi nulla, e quel poco che è cambiato forse era meglio che non cambiasse affatto. A parte che a San Remo quest'anno ha vinto per la prima volta un cantautore della vecchia guardia. Una svolta epocale.
E io? Io sono italiano...
Comunque, per autocelebrarmi - mannaggia a me - ho confezionato un piccolo ebook che racchiude gli aforismi scritti per il diario lungo tutto il decennio - liberamente scaricabile nella sezione libri.
29 aprile
S'avanza la folta schiera dei candidati, uno più improbabile dell'altro, uno meno rassicurante dell'altro. Giovani fregne figlie di papà e dell'era del bunga bunga che hanno capito che oltre le gambe (e la laurea triennale) c'è di più; attempati professionisti allarmati dalla calvizie incipiente e dalla crisi che morde; miti pensionati che hanno ancora da sistemare qualche figlio ritardatario; politicanti di professione che si muovono col cipiglio collaudato dei ras di quartiere.
Tutti con lo sguardo vacuo e un po' fuori posto dei concorrenti dei talent show, se gli chiedi perché si candidano e che cosa intendono fare una volta eletti ti rispondono immancabilmente che "le problematiche del territorio" (da fucilazione immediata per l'uso di questa espressione insulsa) sono tante e loro s'impegneranno. A far che nessuno l'ha capito, loro per primi.
Ma tanto, che importa. Da Montecitorio al comune di Vattelapesca, chi ci crede più alla politica, chi l'ha vista più?
Chiusi nei loro comitati d'affari, le cosiddette liste elettorali, già pregustano il momento della spartizione degli incarichi e delle prebende, s'azzardano ad assaporare il sogno proibito di cambiare vita e darsi alla bella vita dei potenti in stile seconda repubblica.
Uno su mille ce la fa.
23 aprile
Quando ti succede di lasciare qualcosa di apprezzabile nelle vite degli altri - un consiglio, una considerazione, un'emozione - qualcosa che ti viene ricordato a distanza di tempo e di cui magari ti eri dimenticato, hai la sensazione, fugace come un lampo ma altrettanto intensa, che la tua vita non corra solamente a precipizio verso l'ultima stazione, ma che i compagni di viaggio che casualmente ti sono capitati accanto abbiano scorto di essa dettagli a cui tu stesso non avevi dato peso, impegnato com'eri a guardare fuori dal finestrino più che a cercare quel che di buono c'è in te.
Questo ti fa stare bene, quasi colpevolmente.
14 aprile
Ci vorrebbe un antivirus per ripulire questo nostro paese da tutte le sue insidie più subdole e nefaste: uno di quei programmi che si usano per tenere al sicuro il computer dalle minacce informatiche sempre in agguato, ma applicato all'intera società.
Perché sono ormai così tanti e pervasivi e quotidiani e connaturati al tessuto collettivo i raggiri, le furbizie, le ipocrisie, le menzogne, le ingiustizie, le soverchierie, i soprusi, che è diventato impossibile persino riuscire ad individuarli tutti per potersene almeno lamentare (rimuoverli, neanche a parlarne).
Se solo si avesse a disposizione un tasto reset...
3 aprile
47, ma vivo che tace.
Per pudore.
29 marzo
Quando c'è da prendere decisioni di facciata, L'Italia viene regolarmente consultata dai suoi partner occidentali. Quando le decisioni sono quelle importanti, l'Italia resta regolarmente fuori. Capita anche in questi giorni nella guerra contro Gheddafi mascherata da missione umanitaria, in cui l'Italia ha tutto da perdere (a parte la faccia, per quella si è provveduto da tempo) nei rapporti con i libici, ma continua a mettere a disposizione la solita remissiva disponibilità all'alleato più forte - in cui siamo specialisti - e le solite basi militari.
La politica estera italiana è una barzelletta triste.
21 marzo
Quest'idea delle guerre senza un nemico, dove si va con la pretesa di combattere non contro qualcuno ma solo a favore di qualcun'altro, è il frutto di un'ipocrisia diplomatica moderna, funzionale all'esigenza - politicamente ed eticamente molto corretta - di eliminare la nozione stessa di nemico (che rimanda tristemente ad ataviche suggestioni belluine), cosicché la guerra diventa un'operazione asettica, neutra e molto formale, proprio come quella del chirurgo che interviene sul paziente in favore esclusivamente di quest'ultimo, non certo "contro" il male, cha al massimo si limita a rimuovere.
Ma è pura illusione, ovviamente. A cui nessuno crede, aderendo però tutti ad un'interpretazione della realtà che è poco più che un gioco di parole.
foto: Repubblica
14 marzo
I fautori dell'energia atomica hanno questa singolare caratteristica: si fidano più dei loro dati teorici che di quelli forniti direttamente dalla realtà. Sentirli discettare in tv sul fatto che anche in Italia dobbiamo ricominciare a costruire centrali nucleari, perché sicure, mentre in Giappone, dopo il devastante terremoto dell'11 marzo scorso, sono alle prese con il pericolo molto concreto di una nuova Chernobyl, mi fa tornare alla mente una vignetta comparsa tanti anni fa su un giornale americano, in cui un noto astrofisico, convinto assertore della non esistenza degli ufo, viene portato via da due omini verdi e il suo assistente, per rassicurarlo, lo esorta così: "non si preoccupi, professore, gli spieghi che non esistono... "
4 marzo
Stare all'opposizione, in politica, è avere una relazione platonica con il potere.
25 febbraio
Mi pare arduo paragonare i sommovimenti politici che stanno scalzando uno ad uno dai loro troni i tiranni nell'area del Maghreb con il crollo del muro di Berlino, e quel che ne seguì, nel 1989. E ciò perché allora i popoli dell'est Europa guardavano all'occidente con amicizia, come a un riferimento costante, individuando nelle democrazie liberali il punto d'arrivo del processo di trasformazione sociale che era scaturito dal fallimento della dittatura comunista. Oggi, viceversa, le "masse arabe" continuano ad essere pervase da un'irrimediabile diffidenza antioccidentale, sopravvive e si autoalimenta, più o meno esplicitamente, il solito rancore verso quei paesi che pure vorrebbero prendere a modello e da cui vorrebbero mutuare regole e principi della moderna democrazia. Non ci riusciranno mai - temo - fintanto che dureranno questi pregiudizi (di cui sono figli gran parte dei nostri nei loro confronti).
foto: Corriere della sera
19 febbraio
Sull'istituenda festa una tantum sul centocinquantenario dell'unità d'Italia il governo ha raggiunto un faticoso accordo al suo interno tra chi vuole festeggiare, chi vuole festeggiare ma si vergogna, chi vuole festeggiare ma non troppo, chi non vorrebbe festeggiare affatto ma ce lo costringono.
Chi festeggerà sicuramente è Roberto Benigni, uno che in altre epoche avrebbe come minimo irriso a chi osava pronunciare la parola "patria" ma oggi va in tv a tenere entusiastici sermoni sul Risorgimento e sull'inno di Mameli, con tanto di plauso del capo dello Stato.
Io per legittima difesa - e per coerenza - continuo a non fidarmi di nessuno.
11 febbraio
Pensierino zen fatto in casa: l'unico modo per sentirsi sempre a casa è non avere una casa.
2 febbraio
A voler fare della geopolitica spicciola, si può dire che solitamente nei paesi arabi le rivoluzioni si risolvono in una involuzione della società. Fondamentalismi ed integralismi, sempre in agguato, lavorano, approfittando del malcontento, per imporre la loro visione del mondo, che anziché condurre ad aperture più liberali indirizzano la lotta contro l'oppressore ad uno sbocco perfino più estremo in termini di spregio dei diritti umani e garanzie democratiche.
Perciò è più che lecito guardare con preoccupazione a quello che sta succedendo in questi giorni dirimpetto alle nostre coste meridionali. Sperando di non veder spuntare l'ayatollah di turno.
25 gennaio
Le cronache di questi giorni sono destinate a mutare profondamente la società italiana. Ad esempio, se fino ad oggi andare ad igieniste dentali era generalmente considerato da sfigati, da questo momento in poi tale stereotipo finirà per venire completamente rovesciato: pagare un'igienista dentale (specie se laureata a pieni voti e di madrelingua inglese) per giovarsi delle sue prestazioni è improvvisamente divenuto, nell'immaginario collettivo, un lusso da ricchi, uno status symbol da - che so? - direttori di tg o grandi impresari o presidenti di qualcosa.
Un'antica professione, troppo spesso trascurata, quasi negletta, assurge così a nuova visibilità grazie alle sane ed educative abitudini delle nostre lungimiranti élites.
Un'igienista dentale. Fonte: dal web
22 gennaio
In Ricomincio da capo (Groundhog day) Bill Murray era costretto a rivivere all'infinito la stessa giornata. In Italia ci tocca un incantesimo simile: ci svegliamo, e le notizie che leggiamo sui giornali, ciclicamente, ci rituffano nella solita poltiglia maleodorante di festini, mignotte, inchieste, facce di culo, culi senza faccia, intercettazioni, appelli, indignazione, compiacimento, sarcasmo, strafottenza, insulti, arroganza, presunzione (anche d'innocenza), incredulità, volgarità, perplessità, meschinità, minorità...
Gli italiani assistono senza fiatare. Non un sussurro, non un accenno di sana ribellione.
Sotto sotto, forse, l'idea di ritrovarsi in un interminabile presente sempre uguale a se stesso finisce per essere rassicurante.
16 gennaio
Buona parte della nostra cultura si fonda su parole che esprimono concetti tali solo nell'immaginazione delle persone. Si parla di cose che non esistono, ci si crede con convinzione, addirittura, perché nessuno ha mai osato metterle in discussione, e se qualcuno l'ha fatto è stato subito tacciato di cinismo o di pressappochismo. "Amore"ed "innamoramento", ad esempio, lemmi vecchi come il mondo di cui sono pieni film e romanzi, poesie e canzoni, ma perfino trattati scientifici e saggi dottrinali, a cui non corrisponde nessun significato autentico, se non la somma di sentimenti e sensazioni - affetto, attrazione sessuale, convenienza sociale, etc. - che se presi singolarmente non esercitano sicuramente lo stesso appeal lessicale ma almeno indicano qualcosa di preciso e di genuino.
Così ci lasciamo suggestionare a tal punto dalle parole da permettergli di pensare al posto nostro, di scegliere per noi quello che vogliamo (anche se di fatto non esiste), di modellare a loro immagine il nostro linguaggio e con esso il nostro modo di pensare.
Siamo vittime di una contraffazione semantica che ci fa vivere in una realtà immaginaria che corrisponde esattamente alla nostra realtà.
8 gennaio
La campagna è un posto umido dove volano uccelli crudi, diceva Oscar Wilde. Dall'inizio dell'anno, in verità, vengono giù stormi di uccelli stecchiti non si sa bene da cosa. È accaduto in alcuni stati americani, in Svezia e in Italia.
Non proprio un presagio beneaugurante per il nuovo anno. Di sicuro ci sarà una spiegazione scientifica, ma non è detto che anche questa non possa essere foriera di qualche preoccupazione. In America forse stanno già pensando a un film in chiave ambientalista-catastrofista: Aviatar.
3 gennaio
Convincere qualcuno a non lasciarsi condizionare non è a sua volta una forma di condizionamento?